Società, Tarcento Basket

Chi non risica non rosica

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Foto Menis.it

L’aforisma utilizzato soprattutto nella pragmatica e un po’ cinica Roma è in realtà di origine marchigiana.

Mi è venuto in mente perché ben si presta a dipingere il mio abituale punto settimanale sullo stato di salute e non solo di TARCENTO BASKET.

Prima squadra: ovvero “ L’insostenibile leggerezza dell’essere “ Questa volta ci soccorre Milan Kundera con il suo più famoso capolavoro. Quando li vedi ciondolare in campo come birilli tramortiti- non importa se contro i primi in classifica o gli ultimi – non puoi non pensare alla leggerezza dell’essere. … E si perché i nostri sono molto leggeri, quasi impalpabili, nel fisico e nella mente in particolare. Sembra – o almeno danno l’impressione , che vale più della realtà – che del risultato della partita non gli freghi nulla. Loro sono troppo superiori alle miserie di questa valle di lacrime. Per non offendere nessuno: le generalizzazioni colpiscono sempre ingiustamente le lodevoli eccezioni che tuttavia sono tali proprio perché attengono ad una minoranza. Ci sarebbe da chiedersi perché mai siano venuti a Tarcento. Qui sta il bello, per così dire: non lo sanno nemmeno loro. E se glielo chiedi, ti rispondono che sono venuti per giocare bene, imparare, vincere e che sono soddisfatti e grati di essere stati messi – per alcuni di loro agli sgoccioli della carriera competitiva – nelle mani di un coach fuori categoria. Coach che però non ascoltano e nei momenti decisivi sembrano persino snobbare. Ho scritto loro che, quando – dopo aver mandato a meretrici – la partita il coach li chiama a time out per dire loro come provare a rimediare, sono persino inguardabili ciondoloni a gambe larghe per dare aria alle gonadi inspiegabilmente accaldate, mani ai fianchi con aria supponente e sguardo rivolto al cielo quasi a dire “ … O Signore , cosa ho fatto io di male per essere oggi qui?

A ‘sto punto sarebbe lecita e ovvia una domanda rivolta a noi “ .. ma se pensate questo di loro ? perché li avete reclutati, perché ora li tenete? Vi serve proprio una prima squadra ? Premesse che è da questa estate che poniamo e ci poniamo gli interrogativi e che abbiamo già fornito risposte chiare , oneste e non reticenti, spero per l’ultima volta – almeno fino al termine della stagione, riassumo ancora:

  1. li abbiamo reclutati, cercando anche di meglio che però non abbiamo trovato, alle condizioni compatibili con il mercato e la categoria.
  2. Dei casi più problematici ci siamo già liberati,
  3. Se entro fine mese troviamo qualcuno, purchè compatibile, di sicuro lo accogliamo,
  4. Abbiamo per quanto a fatica e a denti stretti, resistito perché il progetto è stato più volte condiviso e abbiamo voluto dare tempo ai più lenti ad adattarsi al nuovo contesto di farlo
  5. Si è discusso se mantenere la prima squadra oppure se limitarci al settore giovanile, la maggioranza, con me tra questi , ha ritenuto opportuno mantenere in casa uno sbocco per il vivaio locale
  6. Al momento questo è l’aspetto più soddisfacente

Chi non risica non rosica: la vita è anche una gara e prima i ragazzi lo capiscono meglio è , tenerli in eterno nella bambagia , in un clima ovattato e surreale non è educativo né formativo. Anche qui non vale per tutti, ci sono ottime lodevolissime eccezioni. Si sono scritte librerie intere sui bamboccioni, sulla generazione ritardata. Se ne continuano a scrivere, complici alcuna battute infelici dei cosiddetti responsabili che evidentemente tali non sono e le durezze di una crisi che in molti casi porta i giovani ad uscire di casa e farsi una vita propria tardi e male.

Anche noi risentiamo di questo clima, ne teniamo conto- sia la società, i dirigenti , che lo staff e i coach. Purché non si cada nell’assurdo, nel paradosso. Non sono concessi alibi.

Se , come già abbiamo scritto, e azzardato, si è commesso un errore di valutazione nella scelta dei campionati élite per le giovanili, non mandiamo nessuno a processo tantomeno al patibolo, né lo cacciamo :

  1. non gli allenatori, forse vittime di un improbabile narcisismo, o forse vanità per cui fa più figo presentarsi come coach di una squadra élite, figurarsi di due piuttosto che di poveri cristi normali
  2. non i ragazzi né le loro famiglie che quando hanno espresso e più volte ripetuto il loro consenso non hanno fatto bene i conti con gli impegni di scuola, lavoro e i tempi della famiglia
  3. non i dirigenti che – sbagliando di molo e tradendo il loro compito e la loro missione- hanno creduto alla assurda tesi dichiarata dai coach secondo la quale si imparerebbe di più perdendo sempre contro i più forti che vincendo qualche volta contro i più deboli. Non so chi abbia inventato questa stupidaggine, so che oggi questo è il maggiore pasticcio che ci troviamo a gestire.

Ma niente alibi. Le squadre vanno come vanno, noi cerchiamo e lo faremo fino in fondo di portarle ai migliori e maggiori risultati possibili, quanto ai singoli vale e confermiamo il progetto annunciato più volte.

  1. fermo restando che il campo– in allenamento e in gara è il solo parametro di valutazione, perché il più sincero , il meno manipolabile, di certo coach Andriola in alto prima squadra e coach Bettarini e Di Doi, nelle giovanili non pongono freni né limiti a nessuno. Qui non valgono e non tengono l’anzianità tarcentina, le simpatie , le conoscenze personali, le amicizie. Qui a parlare e a decidere sono parametri molto concreti ed oggettivi: puntualità e costanza negli allenamenti… attenzione al proprio benessere…. Preparazione atletica in palestra.. attenzione alle istruzioni dei coach.. risultati in campo. Si , anche attenzione al proprio benessere. Una per tutte: ho dovuto richiamare Marko, che mi ha dato ragione e assicurato che avrebbe tenuto conto del richiamo, perché il martedì ed il giovedì , dopo essersi sciroppato tra Under 16 e serie D 4 ore di allenamento, due docce, quando rincasa alle 22.30/23.00 non avrebbe fame e se la sciuga con una tazza di caffelatte con biscotti. Gli ho detto che non può farlo, che lo avrei tenuto sotto controllo e se avesse perseverato nel karakiri, gli avremmo tolto un allenamento, per lui pena peggiore dell’ergastolo. Per Ruben la musica è dello stesso tenore. Ma nel frattempo alle avanguardie Marko e Ruben si è aggiunto Riccardo Damuzzo, Damu e la prossima settimana si aggiungerà Lorenzo Rigo. Quindi chi risica rosica eccome!

L’esempio di Stefanino : ce ne è uno solo, Stefanino Cammaretta, detto così da sempre, perché alto come la gamba di una sedia Tono , corre per il campo come Speedy Gonzales. Il mio trasporto per lui è di vecchia data , mi è costato caro perché fino a poco fa lo ha ripagato con sdegnati silenzi, quando non erano rimbrotti veri e propri. Sembra lo faccia con tutti , a me spiace e ovviamente non mi rassegno, ora mi saluta e mi parla , poco ma meglio di niente. In una UNDER13 che procede come sempre tra alti, pochi e bassi, tanti, ma dove si registra un costante lento miglioramento ed un po’ di basket si vede, Stefanino è un esempio da segnalare. Conferma che la mia simpatia per lui non è solo istintiva, è motivata . In un collettivo dove nessuno si va a cercare la palla , tutti la evitano e se maledettamente cade loro in testa per sbaglio, la afferrano, non la mollano più, si perdono in una miriade di palleggi impazziti ed inutili finché l’avversario se ne impossessa o sono costretti a gettarla fuori campo. Stefanino, invece, come una scheggia , tutto tranne che impazzita e molto consapevole, s fa sempre trovare piazzato e se non lo è va in soccorso dei compagni, prende la palla, non la getta a vanvera, si ferma, protegge il tesoro, si guarda attorno e poi riflette, quindi si adopera per il passaggio più utile e migliore.BRAVO STEFANINO! Ce ne fossero come te (AT)